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Nell'immaginario di Livia Bussi

torek 03.05.2016
– torek 24.05.2016
Sala Comunale
"Poniamo il caso di un ipotetico viaggiatore - scrive Brossi - che una sera giungesse a Trieste, mettiamo da Novara o da Varese, dove la nostra pittrice triestina è vissuta e avesse in casa qualcuno dei poetici pastelli dei tanti che sono usciti dalle mani di Livia Bussi; gli sembrerebbe di avere già visto le Rive, con al largo una grande nave bianca, i palazzetti Ottocenteschi triestini, più che Neoclassici, Liberty e le strade che scalano le colline, come la via Ciamician immortalata da Umberto Saba che finge di salire faticosamente la scala, scelta perché nello sfondo si intravede il mare oppure la Via del Lazzaretto Vecchio con i palazzi grandi e tristi simili ad ospizi proprio come nella poesia “Tre vie” di Saba. Questo ipotetico viaggiatore, nelle vie della città, vedrebbe, sì, persone passeggiare ma non in fuga come in alcuni dipinti della Bussi i cui vecchi lasciarono Capodistria abbandonando le loro case. È importante ricordare come Livia Bussi dipinga da sempre essendo una figlia d'arte; segue infatti l'esempio della madre Anita Gallo che a soli 19 anni partecipò alla Biennale di Venezia del 1924 accanto alle prove del quasi esordiente Carlo Sbisà. La figlia Livia, sulle orme della madre, volle dare un diploma al suo amore per l'arte, conseguendo la maturità al Liceo Artistico di Roma nella sezione di Architettura. In seguito collaborò come disegnatrice con alcuni studi di architettura, compreso quello del grande architetto Marcello D'Olivo. Visitando la sua bella casa sulle Rive, situazione abitativa analoga a quella del maestro del Surrealismo Arturo Nathan, è facile capire come, finalmente ritornata a Trieste dopo lunghe assenze, riesca a far circolare nei suoi pastelli, saccheggiando Saba, “un'aria tormentosa” ma anche poetica. I pastelli (tecnica più delicata e immediata della pittura ad olio) che Livia Bussi allinea alle pareti della Sala Comunale sono dipinti che sanno comprimere entro ad una guaina sensibile una sinfonia intonata di colori, un'atmosfera fragrante di sensibilità artistica come di cultura. Si capisce perciò come nei paesaggi urbani, triestini in senso lato, il “La” squilli dentro l'anima dell'artista. È quindi il momento - conclude il critico Sergio Brossi- di conoscere pienamente tutto il lato poetico di questa pittrice, personaggio schivo che non bada alle esibizioni".
La mostra rimarrà aperta al pubblico sino al 24 maggio 2016 con orario feriale e festivo 10-13 e 17-20.
Sala Comunale d’Arte
Piazza Unità d’Italia, 4
34100 Trieste