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La classe operaia va in paradiso

sreda 01.05.2019
– nedelja 05.05.2019
Politeama Rossetti
Nasce dal confluire di diverse, felici e originali ondate di creatività “La classe operaia va in paradiso”, una delle più ammirate novità dell’ultima stagione. Il progetto di ridare vita teatrale al celebre film di Elio Petri, nasce infatti dall’intuizione di Lino Guanciale – protagonista «davvero bravo, dalla bella fisicità e autorevolezza recitativa», come lo ha descritto la critica, e già molto amato a Trieste per la fiction “La porta rossa” – che ne riconosce il potere vaticinatore e lo propone a Claudio Longhi. Un regista capace di accostarsi alla pellicola con personalità propria, con molte idee, con sensibilità brechtiana, e con l’aiuto – nel fondamentale lavoro di trasposizione – di un giovane e premiato scrittore, Paolo Di Paolo. Sulla struttura da loro creata si incardina poi lo straordinario apporto di un assieme attorale generoso e armonioso (il pubblico del Rossetti ne ha apprezzato la gran parte nel recente “Arturo Ui” con Umberto Orsini), che ha voglia di darsi e di credere sinceramente nel progetto. Un’energia percepita dal pubblico e che magnetizza l’attenzione su un titolo, che nella sua versione cinematografica del 1971 – pur essendo un’opera eccellente, premiata a Cannes con la Palma d’Oro, e nonostante l’irraggiungibile cast con Volonté, Melato e Randone – aveva creato attrito, scandalo, indifferenza.
La geniale chiave di lettura condivisa da Di Paolo e Longhi si articola su più piani narrativi: si assiste alla vicenda al centro della sceneggiatura, con l’operaio Lulù Massa, stakanovista odiato dai colleghi, osannato e sfruttato nella fabbrica in cui lavora, che solo in seguito a un incidente che gli provoca la perdita di un dito, per un istante scopre la coscienza di classe. E si capirà con inquietudine che lo sfruttamento nelle fabbriche di allora si riflette oggi tristemente in quello del precariato… Ma lo spettacolo pone in evidenza anche il contesto culturale della fine degli anni Settanta, con le contestazioni studentesche e sindacali, e porta in scena addirittura il processo creativo del film, con i personaggi del Regista e dello Scneggiatore e i loro scambi ideologici «Mi piaceva l’idea di far entrare gli spettatori nel tempo della creazione – ha dichiarato Paolo Di Paolo – (…) Ripensare il film per il teatro significa – letteralmente – costringerlo nel presente. È tutto al presente: anche l’operaio che ho inventato per il prologo, un trisavolo che già contiene le generazioni future. Una specie di Karl Marx che riflette sulle condizioni di lavoro degli operai di Amazon».
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