Oylem Goylem
sobota 03.12.2022
– nedelja 04.12.2022
Politeama Rossetti
– nedelja 04.12.2022
Politeama Rossetti
“Moni Ovadia e il suo classico, entusiasmante, divertentissimo e
commovente “Oylem Goylem”: il più originale dei cabaret è da non
perdere sabato 3 e domenica 4 dicembre al Politeama Rossetti, ospite
della stagione 2022-2023 del Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia”.
Ritorna in scena dopo molti anni al Politeama Rossetti sabato 3 e domenica 4 dicembre
“Oylem Goylem” di e con Moni Ovadia ospite della Stagione di Prosa del Teatro Stabile del
Friuli Venezia Giulia.
Il sistema teatrale italiano ha poca attitudine per il “repertorio”: le pièce si succedono in un costante vortice di novità. È raro che uno spettacolo sia ripreso per molte stagioni e sembra addirittura prodigioso che un titolo accolto trionfalmente nel 1993 sia sulle scene dopo 30 anni, con esito ugualmente entusiasmante. È il caso di “Oylem Goylem” che rivelò il genio di Moni Ovadia e che - ripreso da allora più volte fino ad oggi - continua a divertire, emozionare, incantare un pubblico transgenerazionale.
«È una sorta di immersione totale nella più minoritaria, perseguitata e minacciata delle culture, la cultura ebraica della diaspora e dell’esilio. E più precisamente in quella parte di essa che si esprime attraverso le sonorità infantili, tenere e strazianti di una lingua insieme antichissima e giovanissima come lo yiddish e di una musica che sembra farsi dolcemente carico di tutta la nostalgia, la malinconia e la gaiezza del mondo klezmer e della tradizione degli ebrei dell’Est Europa» scrisse dello spettacolo il critico e poeta Giovanni Raboni. La lingua, la musica, e la cultura Yiddish, quell’inafferrabile miscuglio di tedesco, ebraico, polacco, russo, ucraino e romeno, la condizione universale dell’Ebreo errante, il suo essere senza patria sempre e comunque, sono infatti al centro di “Oylem Goylem” che alterna brani musicali e canti a storielle, aneddoti, citazioni che la comprovata abilità dell’intrattenitore sa rendere gustosamente vivaci. Ma la curiosità dello spettacolo sta nel fatto di essere interamente dedicato a quella parte della cultura ebraica di cui lo Yiddish è la lingua e il Klezmer la musica.
Moni Ovadia e i suoi musicisti danno vita a una rappresentazione basata sul ritmo, sull’autoironia, sull’alternanza continua di toni e di registri linguistici, dal canto alla musica; una grande carrellata di umorismo e chiacchiere, battute fulminanti e citazioni dotte, scherzi e una musica che fa incontrare il canto liturgico con le sonorità zingare.
Il sistema teatrale italiano ha poca attitudine per il “repertorio”: le pièce si succedono in un costante vortice di novità. È raro che uno spettacolo sia ripreso per molte stagioni e sembra addirittura prodigioso che un titolo accolto trionfalmente nel 1993 sia sulle scene dopo 30 anni, con esito ugualmente entusiasmante. È il caso di “Oylem Goylem” che rivelò il genio di Moni Ovadia e che - ripreso da allora più volte fino ad oggi - continua a divertire, emozionare, incantare un pubblico transgenerazionale.
«È una sorta di immersione totale nella più minoritaria, perseguitata e minacciata delle culture, la cultura ebraica della diaspora e dell’esilio. E più precisamente in quella parte di essa che si esprime attraverso le sonorità infantili, tenere e strazianti di una lingua insieme antichissima e giovanissima come lo yiddish e di una musica che sembra farsi dolcemente carico di tutta la nostalgia, la malinconia e la gaiezza del mondo klezmer e della tradizione degli ebrei dell’Est Europa» scrisse dello spettacolo il critico e poeta Giovanni Raboni. La lingua, la musica, e la cultura Yiddish, quell’inafferrabile miscuglio di tedesco, ebraico, polacco, russo, ucraino e romeno, la condizione universale dell’Ebreo errante, il suo essere senza patria sempre e comunque, sono infatti al centro di “Oylem Goylem” che alterna brani musicali e canti a storielle, aneddoti, citazioni che la comprovata abilità dell’intrattenitore sa rendere gustosamente vivaci. Ma la curiosità dello spettacolo sta nel fatto di essere interamente dedicato a quella parte della cultura ebraica di cui lo Yiddish è la lingua e il Klezmer la musica.
Moni Ovadia e i suoi musicisti danno vita a una rappresentazione basata sul ritmo, sull’autoironia, sull’alternanza continua di toni e di registri linguistici, dal canto alla musica; una grande carrellata di umorismo e chiacchiere, battute fulminanti e citazioni dotte, scherzi e una musica che fa incontrare il canto liturgico con le sonorità zingare.